La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella
stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima
l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato,
che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a
ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci
piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia
sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia
d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha
sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché
sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio
dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne
ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se
mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.
Il precedente c’è già, basta
seguirne l’esempio. E così, a tre settimane o giù lì dalla morte di
Piergiorgio Welby, si ripresenta un altro caso all’attenzione
dell’opinione pubblica. Il proposito è chiaro. Si deve parlare
dell’eutanasia e la gente si deve fare un’opinione, possibilmente
favorevole. La strategia mediatica si avvale allora di storie fatte di
casi limite, davanti a cui la gente difficilmente riesce a ragionare in
maniera distaccata, e si lascia invece coinvolgere emotivamente. E’
facile passare dalla parte dei favorevoli quindi. Il nuovo caso è quello
di Fabio, presentato stamattina nel corso della trasmissione “Sabato, Domenica e…”, il contenitore salutistico di RAIUNO che nel fine settimana sostituisce il tormentone mattutino di UNOMATTINA.
Fabio
– è suo fratello Andrea che espone la situazione, ma solo a domanda
dell’intervistatrice – ha 31 anni, e a causa di una trombosi, ormai da
tre anni, vive in stato vegetativo: non si muove, non parla, non
comunica ad eccezione che con gli occhi, unico organo che riesce a
muovere. Ed è con gli occhi che comunica al fratello la sua intenzione
di morire, perché la sua non è vita – dice – ma solo sofferenza.
“Ma
siete disposti voi familiari a sopportare tutto lo strascico di
polemiche e dibattiti che seguirebbe all’eutanasia di Fabio?”, a questa
domanda Andrea risponde sicuro: “Si”.
Intanto Fabio, tifosissimo
della Roma, ha ricevuto poco prima di Natale un pallone consegnatogli
dal Presidente del Roma Club di Ancona con le firme autografe di tutta
la squadra. E all’esortazione del capitano Francesco Totti che lo invita
“a non mollare”, risponde che non può, perché vuole morire.
Il tempo di superare la botta che simili storie ti lasciano dentro e fare qualche ricerca in internet.
E così scopro che i radicali e l’Associazione Luca Coscioni si sono già occupati di Fabio (ecco il link),
che la vedova di Welby segue particolarmente il suo caso, che già viene
definito come “il nuovo Welby”, che dal 6 gennaio in poi, in pratica, ne hanno scritto davvero tutti, persino l'ADUC, anche se per primo, già dal 1° novembre, ne aveva scritto il Messaggero.
Anche il Corriere dell’Adriatico si occupa di lui lo scorso 6 gennaio. Ed è questo giornale che riporta le volontà ultime di Fabio, affidate al fratello Andrea: "Voglio
morire. Non mi fermerò fino a che le cose non cambieranno. Va contro il
diritto umano obbligare una persona a vivere. E' vergognoso che qualcun
altro decida per te. Da che esistiamo esiste il libero arbitrio. Nessun
essere umano deve essere privato di tale diritto".
Anche Studio Aperto ha ricevuto un suo appello. Attraverso una lavagna
luminosa Fabio è stato in grado di “scrivere” con gli occhi: "Sono
3 anni che non parlo, non mangio per bocca e non mi muovo. Tra mille
dolori. Mi rivolgo a coloro che devono decidere. Mettetevi una mano
sulla coscienza e domandatevi se questa vita. A 30 anni non ho più
ambizioni. Vivere così non ha senso”.
Tanto rumore mediatico quindi. E possiamo stare sicuri che non finirà qui. Anche perché, come riporta l'ADUC, avendo Fabio “chiesto
di partecipare all'attività dell'Associazione 'Luca Coscioni', dichiara
di essere disposto a partecipare al dibattito pubblico e di essere
oggetto dell'attenzione dei media”, anche se con l'aiuto del fratello.
Cosa
dire? Fabio non sarà il primo né l'ultimo malato che verrà usato per
scardinare ex lege l'unico ostacolo all'eutanasia: gli artt. 578 e 579
del Codice Penale. Altre storie, altri Welby, saranno portati alla
ribalta dell'opinione pubblica per combattere quella che molti
definiscono “una battaglia di civiltà”. E ogni volta che ne
consumeranno uno, immolandolo all'altare del dio del Progresso e della
Post-modernità, ne cercheranno altri. Fino ad ottenere lo scopo
dichiarato. E forse, nel dare in pasto alla gente i prossimi casi, si
additeranno non più come i “nuovi Welby”, ma come i “nuovi Ridolfi”, e
così via...
Fino a che Parlamento non legiferi...
L'unico
giornale (quotidiano) che riesco a leggere è Avvenire. E' un giornale
di parte, se vogliamo, perché dietro c'è la Conferenza Episcopale
Italiana. Ebbene su questo giornale di "parte", che raccomando di
acquistare e di leggere per come è fatto e per le notizie che riporta
(c'ho un amico che acquista sempre Liberazione e dice che su quel
giornale sono riportate notizie che sugli altri giornali non vengono
pubblicate. Io gli rispondo che anche su Avvenire è così. Lui non ci
crede. E io non credo a lui anche se, solo per cortesia, leggo anche
Liberazione. Ma lui non leggerebbe mai Avvenire, nemmeno per cortesia...
forse per paura d'essere convinto. Così ognuno rimane allegramente
della propria convinzione e... amici come prima), alcuni editorialisti
forniscono spesso delle letture "politicamente scorrette" della realtà.
Proprio come piacciono a noi.
Oggi
c'è un editoriale a firma di Davide Rondoni a proposito della pena di
morte, dal titolo "Tanto - giusto - clamore oggi dove ieri era
silenzio". Il dibattito sulla pena di morte è "chic", afferma Rondoni. In pratica,
in maniera più elegante, Rondoni dice quanto ho scritto nei giorni
precedenti su questo blog. Poiché si vede da lontanissimo che il
dibattito sulla moratoria universale lanciato dalla proposta italiana
all'ONU è insincero e opportunistico. Riporto un passo del pezzo di
Rondoni che mi sembra davvero significativo, laddove dice che "l'ondata
di proclami venuta dopo la fine di Saddam (...) è viziata in molti casi
da quell'atteggiamento intellettuale e anche politico per cui un'idea
diviene buona solo quando la pronuncia qualcuno e ad altri conviene che
sia sbandierata. Lo chic, infatti, è colui che guardando il mondo un po'
dall'alto al basso punta innanzitutto alle proprie convenienza e
immagine".
Tutto
questo è "chic". Come tutti i dibattiti, nessuno escluso, che vengono
proposti da chi ci governa in questo momento o in genere - da sempre - dalla sinistra. Le loro proposte sono sempre di "alto contenuto umano",
sono sempre "sfide di modernità", sono "istanze legittime"... E giù
aggettivi e sostantivi d'effetto, possibilmente di sinistra. Addirittura
riescono in molti casi a coniarne di nuovi o di "sostitutivi" (con il
medesimo significato di quelli "sostituiti". E non utilizzo volutamente
il sostantivo "sinonimi"). Non
si tratta di utilizzare dei sinonimi sic et simpliciter, ma, sic et
sempliciter, di “usare altri vocaboli”. Il succo non cambia. Come per i destrissimi "condoni" sostituiti ormai da sinistrissime "regolarizzazioni", già nel corpo del programma elettorale dell'Unione.
Ma lasciamo perdere questo argomento e torniamo a Rondoni.
Insomma: tutto questo chiasso... cui prodest? A chi giova? Continua Rondoni che
"far chiasso ora intorno alla pena di morte può essere conveniente. Per
motivi diversi: per banale ricerca di visibilità (facilmente accordata
da media conniventi) o per più raffinata strategia di diversione da
altri problemi." Come il dibattito sull'eutanasia? Come quello sui PACS?
Come quello sulla libera sperimentazione sugli embiorni? Solo per
citarne alcuni...
Perché
sono queste, secondo me, le cose dove si "saggia" l'azione di un
governo. Non è l'economia (oramai tristemente appiattita tra destra e sinistra). Non sono
le infrastrutture o i lavori pubblici. Non è la riforma dei cicli
scolastici o dell'università.
Ma
è la tutela della vita degli esseri umani, da quando nascono a quando
muoiono, con tutti i problemi che si portano addosso solo per il fatto
di campare... La politica oggi deve dare queste risposte. A tutti i
livelli, da quello locale a quello nazionale. E' troppo facile far
politica sulle opere pubbliche...
E
poiché, continua Rondoni, "molti di coloro che oggi gonfiano il petto e
i titoli contro la pena di morte, hanno assistito muti e pigri ogni
volta che si denunciava la morte come pena per intere popolazioni o la
tragica realtà di esecuzioni capitali in luoghi meno famosi", oggi
gridano per l'abolizione della pena capitale solo perché gli conviene e
perché è "politicamente corretto".
Ma noi siamo sempre all'opposizione di questi modi di intendere la politica. Siano essi di destra o di sinistra...
Cosa
c’entrano tutte queste cose insieme? C’entrano perché oggi non si fa che
parlare dell’esordio del nostro Paese nel Consiglio di Sicurezza
dell’ONU, segnato, come tutti sappiamo, dalla proposta di una moratoria
universale alla pena capitale avanzata in quella sede per il tramite di
Marcello Spatafora, ambasciatore italiano al Palazzo di vetro.
E
nel nome di questa proposta si riesce persino a far recedere, almeno in
parte, il buon Marco Pannella dallo sciopero della fame e della sete:
ora berrà ma non mangerà, o viceversa, ora mangerà ma non berrà… (temo
di non aver capito bene, ma va bene così).
Allora.
Qual è il punto? Il punto è che la pena di morte “scandalizza”. E’
inumana, è barbara, è assurda. Ci si domanda il perché viene ancora
comminata come pena quando non risolve nulla in quanto pedagogicamente
ininfluente, sia dal lato del condannato, che comunque non si redimerà,
sia dal lato di chi la vede praticare, poiché non è certo vedendola fare
che non commetterà mai alcun delitto…
Tutte motivazioni ben condivisibili. E ci mancherebbe altro che non lo fossero.
Ma,
forse perché non riesco a cogliere in generale le sottigliezze del
ragionamento, ho la sensazione che ancora una volta si vogliano
utilizzare due pesi e due misure intorno alla morte delle persone.
Perché non mi venite a dire che non è stata pena di morte quella decisa
dal Giudice nel caso dell’uccisione – così si chiama – di Terry Schiavo
nella primavera del 2005 (era la settimana Santa)… Era un vegetale, fu
detto. Eppure era viva. Sorrideva e si alimentava, cose che mi riesce
difficile capire che vengano fatte da un vegetale, soprattutto
sorridere... Fu lasciata morire di fame e di sete in un’agonia lunga 15
giorni perché il Giudice aveva deciso così… E le persone che ora si
stracciano le vesti e che chiedono una moratoria universale alla pena di
morte, si guardarono bene dal prendere posizione. Dopotutto, a
difendere Terry e il suo diritto di vivere c’erano solo una massa di
bacchettoni, di vetero-cattolici integralisti e tradizionalisti….
Sono
le stesse persone che rivendicano il diritto da parte dei malati di
farsi staccare i respiratori, di rifiutare le cure… Benpensanti,
illuminati e magari “adulti” nella fede…
Anche “staccare la spina”, provoca una fine inumana, barbara, assurda… ma nessuno lo dice...
Per questo non credo a chi cavalca le proposte facili… da tutti condivisibili come la moratoria universale alla pena capitale...
Troppo facile. Non c'è niente di profetico, caro Presidente del Consiglio, On. Prof. Romano Prodi...