20 novembre 2011

L'inferno e il paradiso secondo una parabola del Mahatma Gandhi


Un sant'uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese:
«Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l'Inferno»


Dio condusse il sant'uomo verso due porte. Ne aprì una e gli permise di guardare all'interno.
C'era una grandissima tavola rotonda.
Al centro della tavola si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo
dal profumo delizioso.
Il sant' uomo sentì l'acquolina in bocca.

Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato.

Avevano tutti l'aria affamata.
Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia.
Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po',
ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio non potevano
accostare il cibo alla bocca.
Il sant'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze.
Dio disse: "Hai appena visto l'Inferno".

Dio e l'uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l'aprì.

La scena che l'uomo vide era identica alla precedente.
C'era la grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l'acquolina.
Le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici.

Questa volta, però, erano ben nutrite, felici e conversavano tra di loro sorridendo.

Il sant'uomo disse a Dio:  «Non capisco!»
"E' semplice, - rispose Dio, - essi hanno imparato che il manico del
cucchiaio troppo lungo, non consente di nutrire sé' stessi....
ma permette di nutrire il proprio vicino.
Perciò hanno imparato a nutrirsi gli uni con gli altri!

Quelli dell'altra tavola, invece, non pensano che a loro stessi...

Inferno e Paradiso sono uguali nella struttura...
La differenza, la portiamo dentro di noi !"

Mi permetto di aggiungere...

"Sulla terra c'è abbastanza per soddisfare i bisogni  di tutti ma non per soddisfare l'ingordigia di pochi.
I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere,
sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni.
Sii il cambiamento che vuoi  vedere avvenire nel mondo".

13 novembre 2011

Caro Signor Bersani, io sono un vero democratico. Lei no.




Stasera ai TG sono state rilanciate le dichiarazioni di Bersani ieri sera a via dei Giubbonari. Non stava su un predellino di un Mercedes, come fece Berlusconi a Milano nel 2007, ma il suo effetto lo faceva lo stesso. Era comunque in posizione favorevole rispetto ai suoi festevoli sostenitori del Partito Democratico. Un barzolo improvvisato, da cui ha esordito subito con la prima demagogica osservazione, buona solo per i trinariciuti astanti: “Berlusconi lo abbiamo mandato via noi. Lo ha mandato via il PD”.
A parte la terminologia usata (quel becero verbo “mandare” è più adatto ad un Farinacci o a uno Starace che a un leader di un partito che si professa democratico), solo chi è pronto all’obbedienza cieca, pronta e assoluta – come amava dire e scrivere l’indimenticabile e quantomai attuale Giovannino Guareschi – può credergli. Perché tutti sanno, ed anche lui, il Bersani, che il Cavaliere lo hanno rottamato i mercati e una serie di potenti mandanti. Altro che PD! E se la speculazione non avesse stretto la morsa sull’Italia come in questi ultimi tempi, Berlusconi sarebbe stato ancora al suo posto, nonostante i proclami del segretario del PD e dei suoi colleghi Bindi, Franceschini e Finocchiaro. Ma nonostante la sua palese falsità, sopra a questa affermazione mi è venuto spontaneamente, comunque, di farmici un risolino e nulla più. Era giusto – ho pensato - che l’uomo, in quel frangente, si prendesse un momento di gloria davanti ai suoi sostenitori. Legittimo. Dopo tutto, se a un politico non gli dai nemmeno la possibilità di fare questi epici proclami, che campa a fare? E’ meglio per davvero che vada a smacchiare le macchie ai leopardi…

Ma su un’altra affermazione, subito dopo, il Bersani mi ha mandato veramente in bestia. Tanto che non ho potuto fare a meno di precipitarmi al pc per scrivere queste brevi lamentazioni.
Quando infatti il bravo metaforiere piacentino ha detto che “…solo noi (del PD n.d.a.) siamo i veri democratici, i più democratici”, letteralmente non ci ho visto più ed ho deciso di spiegargli per bene chi sono i veri democratici. Cominciamo per ordine.

Signor Bersani, prima di fare certe affermazioni si dovrebbe ricordare che la democrazia è un valore universale, che per sua natura non può essere cosa privata di una sola parte politica, soprattutto in un grande paese europeo qual’è l’Italia. Come vi siete permessi, allora, voi del PD, di appropriarvi di un valore sacro e addirittura intangibile, tanto da inserirlo nel nome del vostro partito? E Partito Democratico cosa significa? Che quelli, come me, che non sono ex PCI-PDS-DS (lasciamo perdere gli ex PPI-margheritini…) non sono democratici? Allora, Signor Bersani, sappia che i democratici veri, quelli che non hanno bisogno di dire che sono democratici, e di farci su un partito, non lo avrebbero mai fatto di appropriarsi indebitamente dell’aggettivo democratico privandone tutti gli altri. Io non lo avrei mai fatto. Ma io, mi consenta, sono democratico. Lei un po’ meno di me.

E poi, mi dica Signor Bersani, come vi è saltato in mente a voi del PD di utilizzare i colori della nostra bandiera nazionale per fare il simbolo del vostro partito? Se si guarda il logo del PD, infatti, si vedono gli stessi colori del nostro amato vessillo, verde, bianco e rosso, proprio nel medesimo ordine in cui sono citati dalla Costituzione italiana. Questa cosa proprio non gliela perdono, Signor Bersani. Pensi che per offenderla un po’ le ricordo che nemmeno Forza Italia, prima di voi, aveva osato tanto, perché, almeno, aveva avuto il buon gusto di utilizzare i colori in senso trasversale. Solo voi del PD avete avuto questa spudoratezza antidemocratica, appropriandovi di un simbolo unificante per tutto il Paese. Io non lo avrei mai fatto. Ma io, mi ri-consenta, sono democratico. Lei molto meno di me.

E poi? Vogliamo parlare, Signor Bersani, di come un democratico vero si comporta quando si dimette un presidente del consiglio? Non va certo in piazza a sventolare bandiere, a urlare slogan che di democratico non hanno nulla, ad insultare, a denigrare. Non è nemmeno un fatto di dialettica democratica – come qualche sua testa d’uovo ha fatto notare – ma semplice maleducazione, dico io. Non mi sembra che in Inghilterra o in Germania succedano cose simili… Ma voi, Signor Bersani (voglio continuare ad offenderla un po’), del termine democratico avete colto solo la sua mera travisazione: sono libero, ergo dico e penso quello che mi pare e chi me lo impedisce è un fascista (appellativo che i democratici come lei rivolgono a chi non la pensa come loro). E per questo motivo, i democratici presunti veri del suo partito lanciano le monetine addosso alle persone per protesta e vanno ai comizi delle altre forze politiche urlandogli epitteti ben poco nobili, pretendendo anche – naturalmente – che gli insultati non reagiscano neppure! Tutti comportamenti che, non c’è dubbio, fanno parte del corredo dei veri democratici, no? Ebbene, Signor Bersani, io non faccio di queste cose. Ma io, mi ri-ri-consenta, sono democratico. Lei no.  

E vogliamo parlare di come un democratico del PD accetta il verdetto delle urne? Ovviamente lanciando anatemi agli elettori che hanno votato in maniera diversa, ricordando loro che sono una massa di analfabeti, di ignoranti, di plagiati dalle televisioni, di avere una coscienza politica sottosviluppata e di essere, infine, delle persone poco serie, fuor di metafora dei farabutti, dei malfattori, evasori fiscali, ladri, mangiapane a tradimento e tanto tanto altro. Sono, in una parola, dei collusi con quelli che hanno votato. E questa cosa, Signor Bersani, mi fa davvero arrabbiare (il termine esatto sarebbe un altro ma… sono educato e non dico parolacce), perché nessuno, e ripeto, NESSUNO può permettersi di dirmi che non capisco niente perché non lo voto. Un democratico vero rispetterebbe in silenzio il verdetto delle elezioni ed al limite farebbe autocritica sul suo operato. Perlomeno si interrogherebbe se sbaglia qualcosa nella sua comunicazione… Ma questo lo fanno i democratici veri. Quelli come me, Signor Bersani. Per questo le dico con tutta franchezza che lei non è un democratico vero. Anzi, non è neppure un democratico (ops! alla fine m’è scappato!). Abbia più rispetto quindi per tutti i democratici, non solo per quelli che la sostengono e la votano, ma anche di quelli come me che, proprio a causa delle sue incaute affermazioni, non la voteranno mai. Mi stia bene e tanti complimenti per le metafore.