10 gennaio 2013

Gesù zero. Quello sotto la crosta.


Ho usato i pochi giorni di riposo delle feste natalizie per rigenerarmi un po' con qualche libro.
Una settimana prima di Natale, ad Assisi, ne ho acquistati alcuni con la ferma intenzione di leggerli subito. E in effetti ci sono riuscito.

In occasione dell'Anno della Fede ho scelto quindi questo Gesù zero. Quello sotto la crosta, del valdostano Paolo Curtaz (San Paolo, 2007).
Non l'ho comprato così, a caso. L'avevo giù notato nelle "bancarelle" di libri che Padre Matteo Palumbo del Carmelo di Nocera Umbra puntualmente allestisce in occasione degli incontri del Carmelo domestico, per solleticare le menti e le curiosità dei partecipanti. 
Di libri di Curtaz, Matteo ne mette sempre parecchi e io li ho più volte sfogliati e sbirciati frettolosamente qua e là, senza però poterli mai leggere. Così, capitato quasi per caso davanti alla ormai familiare copertina, nella libreria di Santa Maria degli Angeli, l'ho comprato subito insieme ad altri due libri, sempre di Curtaz: Convertirsi alla gioia e In coppia con Dio (2 copie, una delle quali l'abbiamo regalata per Natale ad una coppia di nostri amici).
Le 324 pagine di Gesù zero si leggono davvero benissimo perché lo stile di Curtaz è molto piacevole, asciutto quanto basta, incisivo, brillante (non so quali altri aggettivi si possa meritare). Insomma: questo libro mi è piaciuto molto.
Il Gesù zero è quello storico, quello che nasce a Betlemme e che non è il prodotto di truffe e grandi invenzioni storiche sostenute da qualche furbo autore (il famosissimo Daniele Marrone, per esempio...). "Dei tanti Gesù che la Storia ci presenta, - spiega l'autore a pagina 94 - vogliamo trovare il Gesù "zero", quello sotto il colore nocciolino e sotto gli intonaci del passato".
Insomma: il Gesù sotto la crosta. Ma non vi dico il motivo di colori, intonaci e croste. Dovete leggerlo se volete scoprirlo.
Mi ci voleva davvero - dopo tanto tempo - un veloce ripasso di cristologia storica in maniera molto divulgativa e con taglio giornalistico (sono tornato con i ricordi alle lezioni dell'indimenticabile Padre Giovanni Magnani in Gregoriana).
Qui sotto infilo una serie di frasi tratte dal libro, scelte tra quelle che ho l'abitudine di sottolineare con il matitone rosso/blu durante le mie letture.

In giro per il mondo, in Italia, molte persone si spostano seguendo il loro bisogno di verità e di pace e cercano i luoghi e le persone che suscitano passione e ricerca. Che sia Taizé, che raduna milioni di giovani ogni anno, o i monasteri, da Camaldoli a Bose, a Prà d'Mill, o le esperienze di ritiro e di spiritualità, dall'esperienza di evangelizzazione dei "dieci comandamenti" al romitaggio di Romena, il mondo contemporaneo grida al bisogno di spiritualità e di interiorità. Bisogno che, ahimé, poche volte le nostre parrocchie riescono a soddisfare. (p. 140)

Gesù ha appena ricevuto il battesimo ed è tentato: la tentazione colpisce sempre chi si avvicina a Dio, non chi se ne allontana o non se ne interessa. (p. 153)

La fede non è sapere e conoscere.
Non è frequentare le chiese e pregare.
Non è fare o non fare qualcosa.
La fede è seguire qualcuno. (p. 173)

Conosco molte persone che si rifugiano nel mondo (...) L'esperienza di fede è un'esperienza intensamente affettiva e coinvolgente, ma non può e non deve diventare auto-referenziale. (p. 186)

Gesù non esorta a trascurare i legami familiari, ma a inserirli in una prospettiva più ampia, la logica del regno di Dio. Gesù, inoltre, invita a non avere una visione della fede mortifera e mortificante. (p. 187)

La prossima frase l'ho sottolineata perché riflette la stessa gioia che provo nella cappella di Villa Paola quando ascolto la santa messa delle 6,00 celebrata da Padre Antonio:

Ascoltare il Vangelo sine glossa, senza interpretazioni (senza omelia quindi, n.d.r.), come suggerisce San Francesco, avere la gioia e l'audacia di sedersi ad ascoltare la parola che Dio dona all'umanità. E a me. (p. 191)

Mi piace scrivere, mi costa fatica ma mi piace. Mi piace perché penso che sia una cosa che il Signore mi ha chiesto. (p. 209)

Con tutto rispetto (...) mi chiedo: il problema delle nostre comunità è come dev'essere vestito un prete? A che ora dire la messa? Che canti fare? Il problema delle nostre comunità è che sono ammuffite e stanche, che non hanno il coraggio di uscire dalle sacrestie, che faticano a pensare a modi nuovi di dire il Vangelo! Riprendo un concetto destabilizzante espresso da Papa Giovanni Paolo nella sua ultima enciclica: ciò che manca al cristianesimo per evangelizzare il terzo millennio è, anzitutto, la santità. Il resto, l'organizzazione, la formazione, la presenza nella società, i temi etici, viene dopo. (p. 219)

Per amare la Chiesa bisogna, prima, aver conosciuto Gesù. (p. 258)

Ho paura (...), quando qualcuno pretende che la propria esperienza, la propria spiritualità, il proprio movimento siano "la" Chiesa. La Chiesa esiste proprio perché vivono accanto e insieme esperienze diverse, da Radio Maria alle Acli, dall'Opus Dei ad Alex Zanotelli. (p. 264)