26 maggio 2013

Luni sul Mignone

Oggi pomeriggio escursione a Luni sul Mignone. Partenza dall'incrocio tra una strada vicinale e la vecchia ferrovia Capranica-Civitavecchia, posto a circa 800 mt. dalla vecchia stazione ferroviaria di Civitella Cesi, e camminata seguendo il tracciato della linea in direzione Civitavecchia.
Il percorso è facile: 8 km all'andata e 8 al ritorno. Dopo circa 2 km dalla partenza, sulla sinistra tre grossi cani maremmani abbaiano minacciosi. Se si prosegue decisi e si mostra di non aver paura i cani si limitano ad abbaiare e a tenersi a debita distanza (20/30 mt.). Oltrepassato il punto dei cani maremmani si prosegue verso una galleria (a circa 3 km dal punto di partenza) che si attraversa facilmente (si vede sempre la luce in fondo, anche se è leggermente in curva). Dopo la galleria il tracciato della ferrovia è gravemente danneggiato dal dilavamento dell'acqua. In un punto si nota addirittura una polla di acqua sorgiva proprio nel bel mezzo della sede ferroviaria. Ci si avvicina così alla valle del Mignone attraversando un suo affluente di sinistra: il torrente Vesca (a circa 5,2 km dal punto di partenza). Finalmente si arriva alla vecchia stazione di Monteromano e da qui al bellissimo ponte ferroviario in ferro che attraversa la valle del fiume Mignone. Passato il ponte ed ammirato lo splendido panorama con il placido corso del fiume, si può tornare indietro all'attacco del ponte. Proprio da qui, sulla destra, parte il sentierino che sale sull'altura di Luni (guardare tra la vegetazione come riferimento una scala di ferro ancorata al tufo e raggiungerla). Dallo sperone di tufo che domina la valle del fiume in 2 minuti si giunge al sito archeologico dell'età del bronzo finale (XII sec. a.C.) per un sentierino battuto. Fare attenzione alla possibile presenza di rettili (noi abbiamo visto strisciare via, spaventato dalla nostra presenza, un bel biscione) perché all'interno del sito si è creata una pozza d'acqua che attira questi animali.
Il percorso per il ritorno è il medesimo dell'andata. La durata dell'escursione A/R comprese le soste e la visita al sito archeologico è di circa 4 ore e mezza.
L'escursione meritava davvero di essere fatta perché da l'opportunità di vedere un ambiente ancora incontaminato (non si vede un traliccio o un palo della luce o telefonico da nessuna parte), molto verde con il Mignone ancora ricco di acqua per le abbondanti piogge primaverili e di un maggio piovosissimo.
Ecco un po' di foto.
Il tracciato della vecchia ferrovia andando in direzione Civitavecchia
Guardando verso il punto di partenza
Un grosso tarassaco
All'ingresso della galleria
...e all'uscita
 




Una frana sulla sinistra del tracciato della ferrovia in corrispondenza dell'attraversamento di un affluente di sinistra del Mignone

All'ingresso della stazione di Monteromano
 

Panoramica della stazione
L'attacco del ponte sul Mignone
Il panorama dal ponte in direzione dei Monti della Tolfa
 

Riccardo e Eugenio
 

Il termine del ponte in muratura e l'attacco del ponte in ferro
 



Il Mignone che scorre placido (la direzione dell'acqua è dalla sorgente al ponte)
 


Il corso verso il mare
 

Una panoramica del ponte
L'attacco del sentiero per l'altura di Luni. Notare la scaletta di ferro.
Panorama sulla stazione di Monteromano dall'altura di Luni
 



Eugenio e Riccardo
Panorama sul ponte (il corso del Mignone è da sinistra a destra - sorgente/mare)
La residenza monumentale del XII secolo
 

Vari panorami sulla strada del ritorno
 


Un ultimo sguardo alla strada percorsa prima dell'arrivo all'automobile


21 maggio 2013

Un anno di "Senza Frontiere". Vent'anni di "Senza Frontiere". Analisi e considerazioni politiche su un fenomeno elettorale.


Del seguente articolo, apparso sul blog Piazza Capranica, mi assumo la responsabilità...
Circa un anno fa, sabato 26 maggio 2012, si è insediato il nuovo Consiglio comunale uscito dalle urne nella tornata elettorale del 6 e 7 maggio. Proprio nuovo nuovo non è, a cominciare dal Sindaco, che ha già fatto il primo cittadino dal 1993 al 2002. Tuttavia, la lista "Senza Frontiere", nata nell'autunno del 1993 dopo il terremoto che portò all'arrivo del commissario prefettizio (Dott. Giuseppe Pompella, si chiamava), ha sbaragliato letteralmente quella avversaria, conseguendo ben 2.759 voti contro 1.102 (fonte Prefettura di Viterbo e sito del Ministero dell'Interno). In pratica la proporzione è stata quasi di 3 elettori su 4. Nulla di sorprendente rispetto alle previsioni, perché nessuno alla vigilia delle elezioni - forse nemmeno la lista avversaria - avrebbe scommesso diversamente sul loro esito.   
Ma a vent'anni dalla sua nascita, "Senza Frontiere" presenta ancora una notevole forza che si manifesta eloquentemente nei risultati che ottiene, frutto di un appeal elettorale ancora solido e di tutto rispetto. Qual è il segreto di questo successo? E quali sono i possibili scenari futuri? Il trend della sua crescita? Lo scopo di questo articolo è proprio quello di tentare un'analisi politologica del fenomeno "Senza Frontiere", alla luce di venti anni di conservazione del potere locale, senza tralasciare  alcuni aspetti legati alle liste che hanno provato, nelle 5 consultazioni elettorali succedutesi dal 1993 ad oggi, a competere senza successo con questo complesso soggetto politico, e per concludere con una serie di considerazioni riguardo alcune distorsioni o patologie che sono insorte, in questo lungo periodo, a carico del processo democratico a Capranica.
La forza di "Senza Frontiere": una macchina elettorale
Se si osserva da vicino l'attività politica di "Senza Frontiere" dal 1993 ad oggi, la prima cosa che salta agli occhi è la totale mancanza di una struttura fisica che la accompagni. Manca infatti ancora oggi di una sede e non ha un riferimento vero e proprio verso un soggetto politico specifico. All'esordio, venti anni fa, era esattamente come oggi. Nata all'ombra del campanile di San Giovanni raccogliendo la sollecitazione del parroco, che convocò per primo, nel luglio del '93, una riunione alla Casa della Comunità per incoraggiare l'impegno dei cattolici per la cosa pubblica, la lista prese corpo in luoghi sceltamente lontani dalle sezioni della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista. E così, mentre in quegli ambienti si ragionava se e come salire sul pullman in partenza per Viterbo (questa una delle metafore o immagini mentali più care alla lista), il motore del pullman veniva messo a punto, il serbatoio rifornito di carburante,  il conducente convinto - all'inizio con fatica - della sua capacità di sedersi al volante, girare la chiave, mettere in moto e partire. Con gli altri, i vecchi morenti partiti tradizionali, a manifestare il loro sostegno a mezzo di frettolosi inutili manifesti. Ed il tutto nell'ambito di una dialettica politica totalmente diversa dal passato che non ha sentito, sin da subito, il bisogno di ancorarsi a luoghi fisici particolari (ad eccezione della sede elettorale, peraltro smantellata poco dopo la vittoria).
E negli anni successivi la filosofia è rimasta la medesima. Con la differenza che nelle competizioni elettorali del '97, 2002, 2007 e 2012 la sede della lista non è stata fatta più. Perché non se ne sentiva più il bisogno.
"Senza Frontiere" ha quindi precorso i tempi, uscendo dagli schemi politici tradizionali sin dagli stessi luoghi deputati per la politica, e divenendo, più che un soggetto politico vero e proprio, un fenomeno elettorale di massa tanto forte quanto evanescente, quasi un mini-movimento che risorge un mese prima delle votazioni per tornare in letargo nei cinque anni successivi, ricordando da questo punto di vista più politologico, il movimentismo carismatico che tanto ha caratterizzato il panorama politico italiano della seconda Repubblica, da Forza Italia all'Italia dei Valori. Insomma, un "partito che non c'é", una "cosa" che esiste solo dal punto di vista elettorale, governata da un ristrettissimo vertice, guidata da una indiscussa forte personalità, e con il centralismo democratico di frattocchiana memoria a far da metodo di lavoro. Senonché, la radice storica della lista di frattocchiano non ha nulla, e di democristiano moltissimo.
Le chiavi del successo di "Senza Frontiere"
A "Senza Frontiere" gli vanno riconosciute tre cose, in particolare, che costituiscono le chiavi del suo successo elettorale. La prima gli deriva dal fatto, l'abbiamo già detto, di non aver praticato le tradizionali vie della politica e di non aver avuto riferimenti partitici precisi (anche se dal '97 in poi è stato più chiaro lo spostamento del suo asse verso il centro-sinistra ulivista). Questo modus operandi ha portato alla straordinaria opportunità - colta in maniera eccellente - di ottenere voti da un elettorato trasversale e vasto, slegato dalle opinioni personali che si esprimono tradizionalmente nelle elezioni politiche, e più orientato verso le persone. Il patto di fiducia tra gli elettori e "Senza Frontiere" si basa infatti sul rapporto di fiducia tra gli elettori stessi e ogni singolo componente della lista, ed in particolare con i suoi esponenti di spicco (le performance numeriche di alcuni di loro sono la prova della qualità e della salute di questo rapporto di fiducia). In pratica, "Senza Frontiere" è stata costruita come si costruisce una lista civica dove le persone arrivano non in base al proprio pensiero politico, ma con l'intenzione di impegnarsi a favore della cosa pubblica, senza barriere ideologiche e preclusioni di sorta (anche se questo si è verificato soprattutto agli albori, mentre nel tempo, nella inevitabile sua evoluzione, l'approccio è un po' cambiato). La seconda è senz'altro l'estrema praticità che questo gruppo ha sempre espresso, una praticità se vogliamo non esattamente raffinatissima, eppure sempre efficace e valida, che bada più alla sostanza che alla forma, anche se comunque dal sapore molto nazionalpopolare (che in termini elettorali è sempre un pregio e mai un difetto). Ebbene, l'aver scelto di non rinchiudersi dentro alcune stanze, ed aver costantemente portata la propria presenza tra la gente e l'associazionismo, ha pagato anche da questo punto di vista. Si è inaugurata anche qui una nuova maniera di far politica decisamente in rottura con gli schemi tradizionali. Fino al 1993 i partiti che componevano la maggioranza di centro-sinistra (il centro-sinistra della prima Repubblica che era ben diverso da quello di oggi), discutevano all'interno delle sezioni, secondo un protocollo abbastanza formale e rigido, le varie problematiche sulle quali, successivamente, i propri rappresentanti eletti nell'Amministrazione comunale venivano chiamati a pronunciarsi in conformità alle linee previamente stabilite. Dal 1993 in poi, è saltata invece in maniera completa l'intermediazione delle sedi politiche tradizionali e gli stessi amministratori hanno direttamente accolte e fatte proprie le istanze che essi stessi ricevevano dall'associazionismo e dalla società civile. Gli amministratori di "Senza Frontiere", presenti in maniera capillare nel tessuto sociale, quasi a presidio dello stesso e vedremo poi con quali conseguenze, hanno intercettato in maniera subitanea gli umori e le aspettative di singoli e gruppi (formali e informali), potendole portare al tavolo del comando senza intermediazioni. La terza, infine, è l'aver affrontato l'amministrazione del Comune con lo stesso spirito del buon padre di famiglia, facendo le cose che via via si presentavano da fare nel più breve tempo possibile, cercando di guardare concretamente a quello che di più urgente era necessario fare per la comunità di Capranica.
Il trend di crescita di "Senza Frontiere"
Dicevamo nelle righe di incipit, che nessuno alla vigilia delle elezioni avrebbe scommesso diversamente sul loro esito. E forse nemmeno la lista avversaria (che tra l'altro ha rincorso affannosamente fino all'ultimo un accordo con "Senza Frontiere" per ottenere uno o due posti sul pullman in partenza per Viterbo). Ebbene, in molti hanno provato ad interrogarsi su quanto può crescere ancora "Senza Frontiere" e su quanto può durare come fenomeno politico-elettorale. Ed il quesito non è affatto di facile risposta, a meno di essere facilmente smentiti nei fatti. In fondo, molti avrebbero giurato - noi no - su una flessione della lista a causa di una gestione non proprio condivisibile di alcuni importanti temi (su tutti: questione arsenico e passaggio dell'acqua a Talete). Flessione, come dicevamo sopra, smentita nei fatti del risultato elettorale (poi se alcuni illusi vogliono lanciarsi in improponibili voli pindarici per dimostrare che alla luce dell'incremento demografico e della leggera diminuzione di votanti tale flessione, seppure in termini percentuali irrilevanti, c'è stata, beh... liberi di farlo). Altri, più realisticamente, sono convinti che a meno di grandi errori che portino ad un incrinamento del rapporto di fiducia elettori/eletti - ed allo stato assolutamente improbabili - la lista "Senza Frontiere" sia ancora destinata a governare Capranica almeno per il prossimo decennio. Altri ancora pensano che "Senza Frontiere" finirà quando il suo leader deciderà autonomamente di farsi da parte, magari in seguito a qualche altro incarico più prestigioso, facendo emergere la sete di visibilità e protagonismo di alcuni componenti, finora tenuti a bada dal carisma del capo, e portando ad uno sfilacciamento o, addirittura, ad una disintegrazione della compagine. Alcuni infine, sono convinti che "Senza Frontiere" può essere battuta solo da una compagine che sia identificata dall'elettorato come un'alternativa politicamente credibile, e che abbia la capacità di scendere sul suo terreno privilegiato, con gli stessi suoi mezzi: civismo, associazionismo, non identificazione in schieramenti politici.

Le liste competitrici di "Senza Frontiere"
Se si esclude la lista capeggiata da Francesco Lariccia nel 1993 e quella di bandiera di Rifondazione Comunista in occasione del "plebiscito" del novembre 1997 (voluta giustamente, come ebbe a dire il responsabile regionale del Lazio di PRC, per non lasciare Capranica senza opposizione), dal 2002 in poi le compagini che si sono confrontate con "Senza Frontiere" hanno avuto sempre una chiara connotazione politica. Ma a parte questo fatto, non necessariamente negativo in un contesto di dialettica politica canonica (non a Capranica), la lista della Casa della Libertà nel 2002 e la lista "Nuove Energie", nel 2007, hanno avuto l'handicap di nascere ad un minuto dalla partenza del pullman, con l'affannosa idea di "fare qualcosa" per sbarrare la strada a "Senza Frontiere", senza un respiro politico e un progetto alle spalle. E così, se abbiamo definito "Senza Frontiere" fenomeno elettorale - in senso positivo - non possiamo non definire, stavolta in senso negativo, i tentativi del 2002 e del 2007, ma anche del 2012, poco più che pie intenzioni. E non perché non andavano fatti o perché non fossero degne di rispetto le persone che si sono messe in gioco, a cui va riconosciuto almeno il coraggio necessario ad opporsi alla potenza di fuoco della Bismark "Senza Frontiere", ma perché tali esperienze sono state gravemente tardive nel tempo, nonché prive della necessaria e misurata distanza da connotazioni partitiche precise (nel 2012 ha pesato, per esempio, l'ombra della destra estrema). Davanti ad alternative così, dunque, l'elettorato ha finito per conservare l'esistente, premiando "Senza Frontiere" con convinzione addirittura rafforzata, nonostante i malcontenti che pure ci sono dopo venti anni (oltre a quelli legati ai temi che accennavamo sopra).
Eppure...
Eppure, venti anni di governo di "Senza Frontiere" e la mancanza di una vera e propria opposizione che si proponesse come alternativa reale e possibile, hanno anche avuto come conseguenza l'insorgere nella vita sociale e politica capranichese di alcune distorsioni o patologie a carico delle sue poco sviluppate dinamiche democratiche. Vediamole insieme.
1^ patologia: l'abdicazione dei capranichesi alla propria coscienza politica.
La sparizione dei partiti con i loro apparati - per ultimo, in ordine di tempo, il Partito della Rifondazione Comunista - ha portato un vuoto nella vita sociale che si è tradotto in una vera e propria abdicazione all'esercizio di una coscienza critica/politica da parte dei capranichesi. La mancanza di luoghi dove si parla di politica ha portato conseguentemente a non parlare più di questo tema, con il nascere della distorta idea che di tale argomento si possa occupare esclusivamente solo chi si cimenta con l'amministrazione pubblica, insomma chi è eletto in Consiglio Comunale. Non ci possiamo stupire quindi se sempre meno persone a Capranica si occupano di politica: in pratica il sindaco, i 10 consiglieri comunali, tra maggioranza e minoranza, e qualche altra persona.  Se arriviamo a stento a 20 persone, su quasi 7.000, capiamo bene che a Capranica la democrazia non gode di buona salute, traducendosi piuttosto in una ristretta oligarchia collusiva (non è una accusa, perché non è colpa di nessuno - e men che meno mia - se dal punto di vista politologico un siffatto tipo di governo così ristretto viene nomenclato così) sensibile agli interessi dei poteri economici e dell'imprenditoria locale (per questo l'aggettivo "collusivo").  Insomma, tra il numero di persone che a Capranica prende parte ai processi decisionali e l'oligarchico consiglio degli anziani che governa le società tribali, non passa alcuna differenza.
2^ patologia: la totale mancanza di luoghi deputati alla politica a Capranica.
L'altra distorsione o patologia, diretta conseguenza della precedente, è la totale mancanza di luoghi deputati alla politica a Capranica. E il mantenimento in vita, la nascita o la rinascita di tali luoghi non è stato di certo favorito (anzi, si direbbe proprio scoraggiato, e colpevolmente), dalla lista "Senza Frontiere" in questo lungo periodo. Avrà un significato che pur facendo parte dell'Amministrazione Comunale alcuni esponenti di spicco del PD, questo partito a Capranica, pur professandosi la compagine certamente più democratica in Italia (e sottoscriviamo, almeno dal punto di vista puramente teorico), non abbia una sede, non faccia nessuna attività di partito e non pubblicizzi nemmeno come fare per poter prendere la tessera ed aderire? Avete mai visto la sede del PD a Capranica? Sapete dov'è? Noi no. Semplicemente perché - probabilmente unico caso in Italia - non c'è. Eppure nasce in maniera "fatata" quando si tratta di portare a votare per le primarie nugoli di persone inconsapevoli (che col PD non hanno nulla a che fare) chiedendogli di scegliere personaggi che garantiscono il mantenimento dello status quo in Italia (come Bersani, per esempio), come a Capranica. Evidentemente quindi si preferisce non dare strumenti che possano favorire la partecipazione della gente. In fondo più persone partecipano e meno è in grado, chi tiene in mano le redini del comando, di impedire un qualche rinnovamento (hai visto mai che qualche rompiscatole idealista si avvicini al partito e pretenda di vederlo funzionare come un normale partito? Giammai!)
3^ patologia: la non separazione o sovrapposizione/identificazione tra amministrazione e politica.
Ancora. La mancanza di questi luoghi propri della politica ha causato di fatto una vera e propria non separazione o sovrapposizione/identificazione tra amministrazione e politica, per cui se prima del '93, come abbiamo già detto, la dinamica del processo decisionale  - pur con tutti i suoi difetti - era:
A) discussione del tema/problema nelle sezioni di partito
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V
B) applicazione dei risultati della discussione nell'Amministrazione e quindi in Comune,
oggi la dinamica è:
A) discussione del tema/problema nell'Amministrazione e quindi in Comune (come luogo fisico)
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V
B) applicazione dei risultati della discussione nell'Amministrazione e quindi in Comune (come luogo fisico).
Il luogo fisico è il medesimo (il Comune) sin dall'inizio del processo decisionale e fino alla fine dello stesso (l'emanazione dell'atto politico), con grave anomalia. Infatti sarebbe più corretto, dal punto di vista democratico e per rispetto dell'Istituzione, non utilizzare come luogo fisico il Comune per la fase A), bensì dotarsi di una sede, discutere all'interno della stessa i temi in agenda insieme ad eletti e sostenitori favorendo la loro partecipazione (e la libertà, come ricorda il grande Gaber), e quindi portare i medesimi temi in Comune nell'ambito delle dinamiche proprie della pubblica amministrazione. Ma il  frattocchiano centralismo democratico così andrebbe di colpo in soffitta...
4^ patologia: gli ambiti della vita sociale presidiati in maniera capillare e scientifica
Altra patologia osservabile, è data dal constatare che gli ambiti della vita sociale capranichese sono presidiati in maniera capillare e scientifica secondo una sorta di - ci si passi il termine - occupazione manu militari (tanto è stata scientificamente disposta e organizzata). Un presidio efficace ed efficiente dei posti strategici della vita sociale capranichese che evidenzia eloquentemente l'applicazione di metodi di conservazione del potere molto somiglianti all'adagio dal sapore western, "non voglio noie nel mio locale". E così, ecco che i posti chiave sono stati tutti ricoperti da uomini di fiducia appartenenti al primo o al secondo cerchio di potere dell'estabilishment locale, con una maniera di amministrare che non si è accontentata di restare nell'ambito delle competenze strettamente comunali, ma che si è progressivamente espansa nella vita sociale, secondo metodi che di politicamente innovativo non hanno nulla. Associazioni di volontariato, istituzioni di credito, associazioni di produttori, associazioni laicali religiose, nulla è stato risparmiato al controllo della ristretta cerchia di potere. Con il beneplacito di moltissimi capranichesi (non tutti per fortuna) che pur lamentandosi tanto di questo fatto, ma ben lontano dagli orecchi di chi governa, lo hanno consentito fornendo il proprio appoggio, i propri voti, le proprie deleghe (e quindi - ahinoi! - attraverso l'utilizzo di strumenti purtroppo democratici).
5^ patologia: la mancanza di rinnovamento della classe politica
L'assenza di partiti e gruppi di impegno politico, ha fatto si che non si avviasse un vero e proprio rinnovamento della classe politica dirigente. Nella lista "Senza Frontiere" il rinnovamento è stato di volta in volta programmato dal primo cerchio decisionale, esclusivamente in chiave elettorale, sempre pescando in clan famigliari numericamente importanti dal punto di vista dei portafogli di voti posseduti, e dopo aver persuaso i compagni di strada più stanchi a farsi da parte magari con l'inviarli a presidiare altri organismi. Uno pseudo-rinnovamento quindi, che è stato operato cercando anche di scegliere elementi, all'interno di quelle stesse famiglie o gruppi particolari, di sicura fedeltà e con poca attitudine personale all'analisi dei temi e alla critica interna, se necessaria. Basta, ancora oggi, assistere ad un Consiglio Comunale per rendersi conto di quanti consiglieri di maggioranza possiedono autonomia tale da poter intervenire nei dibattiti sui punti in ordine del giorno (atteggiamento, si dirà, che potrebbe anche essere giustificato quale scelta di scuderia, ma tutt'altro che democratico né condivisibile da una qualsiasi persona che realmente senta una coscienza che la induca a spendersi per il bene comune).
6^ patologia: autoreferenzialità e totale mancanza di informazione dell'elettorato
L'aver affrontato l'amministrazione del Comune con lo stesso spirito del buon padre di famiglia, come abbiamo scritto nella parte relativa alle chiavi del successo di "Senza Frontiere", se da una parte ha prodotto grandi risultati elettorali, dall'altra ha portato all'assenza di una organica pianificazione, che si denota già dalla lettura degli stessi programmi elettorali della lista, da sempre molto light, quasi fossero sceneggiature "aperte" (mutuando il termine dalla cinematografia). Tuttavia, la patologia che si annida dietro tale approccio politico/amministrativo è data dall'assenza di un soggetto al quale "Senza Frontiere" deve dar conto. In venti anni la comunicazione in direzione del proprio elettorato è stata pressocché assente, segno evidente e tangibile di un elevatissimo livello di autoreferenzialità dei membri della lista, e di altrettanto scarso rispetto per i propri elettori, chiamati a raccolta solo per esprimere il proprio consenso elettorale in maniera acefala e plebiscitaria e tenuti lontani da ogni possibile attivo coinvolgimento (si, va bè, sono stati fatti e distribuiti capillarmente i cosiddetti "bilanci sociali di mandato", ma resta il fatto che è sempre e comunque troppo poco). E di tale patologia non ne è esente di certo nemmeno l'opposizione che nella propria bacheca informativa non trova di meglio che conservare per sei mesi gli auguri per il Natale, forse con l'intenzione di farli buoni anche per quello che verrà.
7^ patologia: disabitudine della classe di governo/dell'oligarchia locale alla presenza di voci critiche
Venti anni di zero dinamiche democratiche a Capranica, infine, hanno portato a pensare distortamente chi governa di trovarsi, magicamente o secondo qualche speciale assistenza divina, dalla parte giusta. Solo chi governa, che pure opera delle scelte opinabili, giuste o sbagliate che siano, ma pur sempre opinabili, avrebbe infatti la ricetta per comprendere i cambiamenti, per capire le istanze della comunità, per intuire i suoi bisogni e le sue necessità. Torniamo ad usare l'immagine della fotocopiatrice, già utilizzata in altro articolo (quello sul Centro Storico, ecco il link). Una fotocopiatrice non diventa un pozzo di scienza solo perché copia tanti libri, come l'essere eletto amministratore comunale non conferisce l'infallibilità e l'onniscenza. E così, di fronte a questo tipo di approccio di governo, la classe politica locale (vale anche per l'opposizione), si è totalmente disabituata alla presenza di voci critiche, che giocoforza vengono riconosciute come ostili o piuttosto ascoltate (anzi, controllate) con qualche preoccupazione e sussulto (del tipo: e mo' perché questi ce l'hanno con me?), senza considerare che tutti sono tenuti ad interessarsi della cosa pubblica e a partecipare alla sua gestione. Anche senza essere eletti. Un Ventennio di piattezza politica, pertanto, ha prodotto questa sorta di artificiosa costruzione del consenso in cui è immersa la coscienza politica dei capranichesi (Bulgaria docet), con la totale impossibilità di avere una benché minima opinione discorde tra le scatole.
Conclusioni
Un anno di "Senza Frontiere". Venti anni di "Senza Frontiere". Come sempre, quando è tanto tempo che si occupa un posto di potere, è inevitabile essere oggetto di osservazione e bilanci. E' successo in tutte le epoche ed a tutti i livelli amministrativi. Per non essere al centro di queste valutazioni - o se quando si è oggetto di queste, si prova un senso di fastidio - basta starsene a casa propria, lontani dal dibattito politico ed al sicuro da qualsiasi voce contraria. Le considerazioni espresse in questo articolo, non sono però una valutazione morale dell'operato di venti anni di amministrazione. La politica è fatta di scelte, e queste possono essere giuste o sbagliate, ma sempre rimandate al giudizio degli elettori i quali assurgono a vera e propria autorità morale. Sono invece una analisi critica dal punto di vista politico e politologico di un fenomeno, quello della lista "Senza Frontiere", che ha caratterizzato la storia recente capranichese con luci ed ombre. Con l'auspicio di riportare i nostri concittadini a riscoprire la politica locale, interessandosi ad essa senza tema di essere accusati di invadere campi di esclusiva competenza di pochi, e contribuendo soprattutto a far rinascere a Capranica i luoghi dove è possibile appassionarsi del dibattito intorno al bene comune. Perché a Capranica ce n'è veramente bisogno. Il ruolo di Piazza Capranica sarà allora quello di risvegliare le sonnolenti menti dei capranichesi e pungolare chi detiene le leve del comando ad essere più sensibile verso reali e vere dinamiche democratiche.

16 maggio 2013

Dove l'Etruria dorme...




Qui rise l'Etrusco

Qui rise l’Etrusco, un giorno, coricato, con gli occhi a fior di terra, guardando la marina.
E accoglieva nelle sue pupille, il multiforme e silenzioso splendore della terra fiorente e giovane
di cui aveva succhiato il mistero gaiamente, senza ribrezzo e senza paura, affondandoci le mani e il viso. Ma rimase seppellito, il solitario orgiasta, nella propria favola luminosa.
Benché la gran madre ne custodisca un ricordo così soave che, dove l’Etruria dorme,
la terra non fiorisce più che asfodeli.

Vincenzo Cardarelli

Gabbiani

Non so dove i gabbiani abbiano il nido
ove trovino pace. 
Io son come loro
in perpetuo volo. 
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete, 
la gran quiete marina, 
ma il mio destino è vivere 
balenando in burrasca


Vincenzo Cardarelli


15 maggio 2013

Fuochi d'artificio...

 
Di questo articolo apparso sul blog Piazza Capranica, mi assumo la responsabilità...

Certo che i fuochi d'artificio sul ponte dell'orologio sono suggestivi. Con tutti quei giochi di colori e di luci, gli scoppi, i fischi... (ogni volta che assisto ad uno spettacolo del genere - chissà perché? - mi sovviene spontaneamente "il bombardamento di Adrianopoli" di Filippo Tommaso Marinetti).

Poi la batteria finale di mortai - temerariamente appoggiati (con poca cautela per la pubblica incolumità) sulla discesa del ponte - ha fatto la sua bella figura finale con l'Orologio che si è infiammato di rosso prima delle ultime esplosioni finali...

Bello. Non c'è che dire.  Eppure, mentre assisto allo spettacolo, mi viene in mente che tutta quella gente, venuta qui a San Francesco soprattutto da altri quartieri, sta qui per divertirsi.

È venuta nel centro storico perché è tradizione che sia così, anche se non abita e non vive nel centro storico. Si è fatto sempre così. La tombola che chiude le feste religiose si è fatta sempre a San Francesco, mentre dietro la porta dell'Orologio tante persone sono "costrette", quasi in "cattività", in un recinto sempre più stretto e angusto.

Eppure chi abita a via Giovanni Paolo I (io), piuttosto che a via D'Annunzio, o a via De Gasperi, Colle del Petrarca, Villetta, Sacro Cuore o Canicole, questi problemi non se li pone. Semplicemente da' per scontato che sia così. Ovvero che il Centro Storico serva solo per andarci - sempre più spesso - in occasione di feste (tradizionali e non), lasciando a chi ci abita problemi e disagi.

Come quello di rinunciare sempre più spesso alla propria libertà di movimento, data l'impossibilità di uscire ed entrare con l'automobile in occasione delle feste. Se contiamo feste tradizionali (4/5 l'anno, per le quali riteniamo che la chiusura del centro storico si debba praticare), notti bianche, cene di beneficienza estive (va ricordato che Capranica è un comune fondato sul bar e sulle cene), durante l'estate sono sempre di più le occasioni in cui chi abita "al di là del Ponte" è costretto a limitare i propri movimenti. Per non parlare delle assurde chiusure domenicali in occasione delle funzioni religiose della parrocchia... Vorrei vedere, allora, se chi abita a Colle del Petrarca, a via Giovanni Paolo I (io), via D'Annunzio, e compagnia bella, si vedesse costretto a rinunciare a prendere la macchina per portare la spesa, accompagnare una persona anziana, caricare o scaricare mobili e suppellettili...

Ma il brutto di questa problematica è che da un po ' di tempo si è ingenerata l'idea che per rivitalizzare il centro storico ci sia bisogno di portare chi non lo abita e non vive i suoi problemi ad usarlo come un salotto, anzi no, come una casa di campagna dove andare a farsi una cenetta ogni tanto al fresco del ponentino estivo. E così si moltiplicano le cene estive e le occasioni di chiusura con aumento dei disagi per chi ci abita soprattutto dopo il crollo della via Romana.

Ma perché l'Amministrazione dopo anni di "che fare?" per il centro storico (che ricordano amaramente gli interrogativi assillanti dei cafoni di Fontamara), comitati, assemblee pubbliche, non mette in agenda un vero processo partecipativo (vero, non finto) per ascoltare i veri problemi di chi abita il centro storico?

Perché non delocalizza alcune feste o cene organizzate da associazioni di volontariato (Avis, Croce Rossa, Casa di Nonna Anna...) a Vallesanti, al piazzale dei Lavoratori, al piazzale della Madonna del Piano, al Campetto?

Perché non delocalizza altrove eventi (come le Olimpiadi della Famiglia o la Notte delle Notti per esempio)?

Non sarà mai una festa in più che servirà a risolvere i problemi del centro storico ma sarà una festa in meno a diminuirli... E farà bene l'Amministrazione, a questo proposito, se davvero riuscirà a riportare all'interno del centro storico artigiani e mestieri, attività commerciali.

Ma dopo anni di mancanza oramai ultraventennale di politiche serie per il centro storico, dopo mancanza di forme di incentivazione alle ristrutturazioni (troppo facile accontentare i famelici imprenditori capranichesi con nuove lottizzazioni), dopo una carenza di forme di programmazione urbanistico-edilizie (c'è un Piano Particolareggiato tanto assurdo su determinati aspetti che comunque lo definisci gli fai un complimento), la strada sarà molto dura...