25 dicembre 2014

Natale 2014. L'inquietudine di cercare Dio

L'inquietudine del viaggio - olio su tela, cm 120x80 2012 (Alfonso e Nicola Vaccari)
 
Cristo non viene per portarci la serenità, ma l'inquietudine.
Beato è quell'uomo che apre il suo cuore a questa grazia!
Che il Signore ci doni la grazia dell'inquietudine!
Una grazia che non ci fa smettere di cercarlo!
Poiché solo in Lui il nostro cuore riposa.
Buon Natale!

Fabio e Teresa

Papa Francesco: senza inquietudine siamo sterili
Papa Francesco: l'inquietudine (omelia inizio capitolo generale dell'Ordine di Sant'Agostino)
Massimo Introvigne: elogio dell'inquietudine



20 novembre 2014

Ipse dixit - Charles Peguy e Paul Claudel

Charles Péguy (1873-1914)

"Ci si salva insieme o ci si perde insieme
non dobbiamo giungere soli alla casa del Padre"
 
(la frase è riadattata dall'originale che invece suona:
"Bisogna salvarsi insieme. Bisogna arrivare insieme a Dio. Bisogna presentarsi insieme", ed è pronunciata da Hauviette nei confronti di Suor Gervaise, in Véronique. Dialogo della storia e dell'anima carnale, 1909)

"Che cosa ci dirà Dio se alcuni di noi andranno da Lui senza gli altri?"

"Quarant'anni è un'età terribile. Perché è l'età in cui diventiamo quello che siamo".
 
"Poiché non hanno la forza (e la grazia) di essere della natura, credono di essere della grazia. Poiché non hanno il coraggio del temporale, credono d essere entrati nella sfera d’influenza dell’eterno. Poiché non hanno il coraggio di essere del mondo, credono di essere di Dio. Poiché non hanno il coraggio di essere di un partito dell’uomo, credono di essere del partito di Dio. Poiché non sono dell’uomo, credono di essere di Dio. Poiché non amano nessuno, credono di amare Dio"
Note conjointe su Cartesio e la phliosophie cartesienne, 1914

"Non diciamo: “Padre mio che sei nei cieli”, né diciamo: “Dammi oggi il mio pane quotidiano!” La solidarietà con tutto il mondo è essenziale per il cristiano"


Sono nella stanza accanto

L’amore non svanisce mai.
La morte non è niente, io sono solo andato nella stanza accanto.
Io sono io.
Voi siete voi.
Ciò che ero per voi lo sono sempre.
Datemi il nome che mi avete sempre dato.
parlatemi come mi avete sempre parlato.
Non usate un tono diverso.
Non abbiate un’aria solenne o triste.
Continuate a ridere di ciò che ci faceva ridere insieme.
Sorridete, pensate a me, pregate per me.
Che il mio nome sia pronunciato in casa come lo è sempre stato,
senza alcuna enfasi, senza alcuna ombra di tristezza.
La vita ha il significato di sempre.
Il filo non si è spezzato.
Perchè dovrei essere fuori dai vostri pensieri?
Semplicemente perchè sono fuori dalla vostra vista?
Io non sono lontano,
sono solo dall’altro lato del cammino.



Paul Claudel (1868-1955)
"Parla di Cristo solo quando ti viene chiesto;
ma vivi in modo tale che ti si chieda di Cristo"


30 ottobre 2014

Ipse dixit - Blaise Pascal



"Senza la coscienza della nostra miseria, la conoscenza di Dio porta alla presunzione;
La coscienza della nostra miseria senza la conoscenza di Dio porta alla disperazione;
Cristo è la mediazione perché unisce la coscienza della nostra miseria e la conoscenza di un Dio misericordioso"


Blaise Pascal

17 settembre 2014

Ipse dixit - Paolo Borsellino



Chi ha paura muore ogni giorno

È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola...
Io accetto, ho sempre accettato più che il rischio le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio.
Lo accetto perché ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall'inizio che dovevo correre questi pericoli.
La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi, come viene ritenuto, in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me.
E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare dalla sensazione che, o financo, vorrei dire, dalla certezza, che tutto questo può costarci caro.

05 agosto 2014

Ipse dixit - Ennio Flaiano



In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti

Ci sono molti modi di arrivare. Il migliore è partire.

La situazione politica in Italia è grave ma non è seria.

L'Italia è quel paese dove sono accampati gli italiani.

Gli italiani sono fatti irrimediabilmente per la dittatura.

Io non sono comunista perché non me lo posso permettere.

I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.

I nomi collettivi servono a far confusione. «Popolo, pubblico...». Un bel giorno ti accorgi che siamo noi. Invece, credevi fossero gli altri.

A causa del cattivo tempo, la Rivoluzione è stata inviata a data da destinarsi.

Ennio Flaiano

27 giugno 2014

Foris pugnae, intus timores



Il portoncino laterale della casa di Giacomo Matteotti, a Fratta Polesine, riporta in rilievo il simbolo da lui scelto anche per la sua carta intestata:

Foris pugnae, intus timores 
(lotte di fuori, apprensioni dentro di noi)

ripreso dal Nuovo Testamento, seconda lettera ai Corinzi, 7,5


19 maggio 2014

Ipse dixit - Robert Kennedy - Discorso sul P.I.L.



Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo.
Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano  di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini.
Cresce con la produzione  di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non  comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere o l'onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell'equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la  nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese.
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani. 

(Robert Kennedy)

03 maggio 2014

La canonizzazione dei due papi. Considerazioni brevi sulle considerazioni di Paolo Farinella (prete)

Penso si possa dimostrare il proprio disaccordo senza esprimerlo con questa violenza verbale. Questo distingue davvero quelli "tosti" da quelli disonesti intellettualmente. Ed in effetti l'ossimoro che Farinella denuncia è lui stesso: un pacifista che vomita odio coi modi di un fascista. Tanto che la furia iconoclasta con cui demolisce la figura di Giovanni Paolo II gli annebbia la vista e la ragione e gli fa sbagliare le frasi (inverte i due papi), gli fa inserire riferimenti privi di fondamento, gli fa assolutizzare in negativo un pontificato straordinario ("con qualche luce, è pieno di ombre", scrive). E poi lo spinge ad ergersi a Messia e a chiedere perdono al Padre per tutti questi misfatti che la Chiesa compie, lui detentore dell'unica ed assoluta Verità, per riscattare noi, poveri coglioni trinariciuti, manipolati e ingannati. Poi gli accenni imprescindibili e doverosi all'obiezione di coscienza e al berlusconismo sono semplicemente patetici e sanno di infilati lì per forza, insomma: sono un "must" e bisogna metterli. 
Io consiglierei a Farinella (prete, ogni tanto si firma) di scrivere i suoi pezzi dopo aver fatto prima un po' di meditazione zen e di usare argomenti più seri.





Altrachiesa

Roncalli e Wojtyła santi: un enorme ossimoro


di don Paolo Farinella

«Santo subito», gridava lo striscione a caratteri cubitali al quadrato che emergeva sulle teste della folla, il giorno del funerale di papa Giovanni Paolo II, il 5 aprile del 2005. «È morto un santo» disse la folla di credenti, non credenti e agnostici che gremivano piazza san Pietro il 3 giugno del 1963 alla morte di papa Giovanni XXIII. La differenza tra i due sta tutta qua: il polacco deve essere dichiarato «santo», il bergamasco lo è sempre stato senza bisogno di dimostrarlo.

Chi ha avuto l’idea di abbinare nello stesso giorno i due papi per la proclamazione della santità ufficiale, è stato un genio del maligno. Mettere insieme il papa del concilio Vaticano II e quello che scientemente e scientificamente l’ha abolito, svuotandolo di ogni residuo di vita, è il massimo del sadismo religioso, una nuova forma di tortura teologica. La curia romana della Chiesa cattolica, che Francesco non ha ancora scalfito, se non in minima parte, è riuscita ancora nel suo intento, imponendo al nuovo papa un calendario e una manifestazione politica che è più importante di qualsiasi altro gesto o dichiarazione ufficiale. La vendetta curiale è servita sempre fredda.

Il Vaticano sotto il papa polacco si trasformò in «santificio» fuori di ogni controllo e contro ogni decenza: più di mille santi e beati sono stati dichiarati da Giovanni Paolo II, superando da solo la somma di tutti i papi del II millennio. Un’orgia di santi e beati che annoverano figure dubbie o equivoche come Escrivá de Balaguer, padre Pio, Madre Teresa, per limitarci solo a tre nomi conosciuti e che ne escludono altre come il vescovo Óscar Arnulfo Romero, lasciato solo e isolato, offerto allo squadrone della morte del governo del Salvador che lo ammazzò senza problema.

Papa Giovanni XXIII non ha avuto fortuna da morto. Il 3 settembre dell’anno giubilare 2000 è stato dichiarato beato insieme a Pio IX, il papa del concilio Vaticano I, il papa che impose al concilio la dichiarazione sull’infallibilità pontificia, il papa del caso Mortara, il papa del «Sillabo», il papa che in quanto sovrano temporale faceva ammazzare i detenuti politici perché combattevano contro il «papa re». Il mite Roncalli, storico di professione, fu – perché lo era nel profondo – pastore e prete, il papa del Vaticano II che disse il contrario di quanto Pio IX aveva dichiarato e condannato in materia di coscienza, di libertà e di dignità: il primo s’identificava con la Chiesa, il secondo stimolava la Chiesa tutta a cercare Dio nella storia e nella vita. Accomunarli insieme aveva un solo significato: esaltare il potere temporale di Pio IX e ridimensionare il servizio pastorale di Giovanni XXIII. Un sistema di contrappeso: se avessero fatto beato solo Pio IX, probabilmente piazza san Pietro sarebbe stata vuota; papa Giovanni, al contrario, con il suo appeal ancora vivo e vegeto, la riempiva per tutti e due.

A distanza di quattordici anni, per la dichiarazione di santità, papa Giovanni si trova accomunato di nuovo con un altro papa agli antipodi dei suoi metodi e del suo pensiero, con Giovanni Paolo II, re di Polonia, Imperatore della Chiesa cattolica, idolo dei reazionari dichiarati e di quelli travestiti da innovatori. Wojtyła fu «Giano bifronte» nel bene e nel male. Nel bene, fu un papa con un carisma umano eccezionale perché aveva un rapporto con le persone che oserei definire «carnale»; non era finto e quando abbracciava, abbracciava in maniera vera, fisica. Diede della persona del papa un’immagine umana, carica di sentimenti e così facendo demitizzò il papato, accostandolo al mondo e alle persone reali. Fu un uomo vero e questo nessuno può negarglielo.

Come papa e quindi come guida della teologia ufficiale, come modello di pensiero e di prassi teologica fu un disastro, forse il papa peggiore dell’intero secondo millennio. Mise la Chiesa nelle mani delle nuove sètte che s’impadronirono di essa e la trasformarono in un campo di battaglie per bande. Gli scandali, scoppiati nel pontificato di Benedetto XVI, il papa insussistente, ebbero tutti origine nel lungo pontificato di Giovanni Paolo II, che ebbe la colpa di non rendersi conto che le persone di cui si era circondato, lo usavano per fini ignobili, corruzione compresa. Durante il suo pontificato, uccise i teologi della liberazione in America Latina, decapitò le Comunità di Base che vedeva come fumo negli occhi, estromise santi, ma in compenso nominò vescovi omologati e cardinali dal pensiero presocratico, più dediti a tramare che a pregare. 

Il suo pontificato fu un ritorno di corsa verso il passato, ma lasciando le apparenze della modernità per confondere le acque, eclissò e tolse dall’agenda della Chiesa il Concilio Vaticano II e la sua attuazione, vanificando così i timidi sforzi di Paolo VI, il papa Amleto che non sapeva – o non volle? – nuotare, preferendo restare in mezzo al guado, né carne né pesce e lasciando al suo successore, il papa polacco – papa Luciani fu una meteora senza traccia visibile – la possibilità del colpo di grazia, ritardando il cammino della Chiesa che volle somigliante a sé e non a Cristo.

Il cardinale Carlo Maria Martini, interrogato al processo di santificazione, disse con il suo tatto e il suo stile, che sarebbe stato meglio non procedere alla santificazione di Giovanni Paolo II, lasciando alla storia la valutazione del suo operato che, con qualche luce, è pieno di ombre. Il cardinale disse che non fu oculato nella scelta di molti suoi collaboratori, ai quali, di fatto, delegò la gestione della Chiesa e questi ne approfittarono per fare i propri e spesso sporchi interessi. Per sé il papa scelse la «geopolitica»: fu padre e promotore di Solidarność, il sindacato polacco che scardinò il sistema sovietico e che Giovanni Paolo finanziò sottobanco, facendo alleanze, moralmente illecite: Comunione e Liberazione, l’Opus Dei e i Legionari di Cristo (e tanti altri) furono tra i principali finanziatori e sostenitori della politica papale, in cambio ebbero riconoscimento, santi propri e anche condoni morali come il fondatore dei Legionari, padre Marcial Maciel Degollado, stupratore, drogato, donnaiolo, puttaniere, sulle cui malefatte il papa non solo passò sopra, ma arrivò persino a proporre questo ignobile figuro di depravazione «modello per i giovani».

In compenso ricevette una sola volta mons. Romero, dopo una lotta titanica di questi per parlare con lui ed esporgli le prove delle violenze e degli assassinii che il governo salvadoregno ordinava tra il popolo e i suoi preti. Il papa non lo ascoltò nemmeno, ma davanti alla foto dello sfigurato prete padre Rutilio, segretario di mons. Romero, assassinato senza pietà e con violenza inaudita, il papa invitò il vescovo a ridimensionarsi e ad andare d’accordo con il governo. Il vescovo, racconta lui stesso, capì che al papa nulla interessava della verità, ma solo gl’importava di non disturbare il governo. Raccolse le sue foto e le sue prove e tornò piangendo in patria, dove fu assassinato mentre celebrava la Messa. No, non può essere santo chi ha fatto questo.

Papa Wojtyła ha esaltato lo spirito militare e militarista, vanificando l’enciclica «Pacem in Terris» di papa Roncalli. Con la costituzione pastorale «Spirituali Militum Curae» del 21 aprile 1986 fonda le diocesi militari e i seminari militari e la teologia militare e la formazione di preti militari che devono «provvedere con lodevole sollecitudine e in modo proporzionato alle varie esigenze, alla cura spirituale dei militari» che «costituiscono un determinato ceto sociale “per le peculiari condizioni della loro vita”». In altre parole la Chiesa assiste «spiritualmente» chi va in nome della pace ad ammazzare gli altri, con professionalità e «in peculiari condizioni». Passi che fuori dell’accampamento ci sia un prete con indosso la stola viola, pronto a confessare e a convertire alla obiezione di coscienza, ma che addirittura i preti e i vescovi debbano essere «soldati tra i soldati», con le stellette sugli abiti liturgici, funzionari del ministero della guerra, è troppo e ne avanza per fare pensare che la dichiarazione di santità si può rimandare a tempi migliori.

Il pontificato di Giovanni Paolo II ha bloccato la Chiesa, l’ha degenerata, l’ha fatta sprofondare in un abisso di desolazione e di guerre fratricide, esasperando il culto della personalità del papa che divenne con lui, idolo pagano e necessario alle folle assetate di religione, ma digiune di fede. La gerarchia e la curia alimentarono codesto culto che più si esaltava più permetteva alle bande vaticane di sbranarsi in vista della divisioni delle vesti di Cristo come bottino di potere, condiviso con corrotti e corruttori, miscredenti e amorali. La storia del ventennio berlusconista ne è prova sufficientemente laida per fare rabbrividire i vivi e i morti di oggi, di ieri e di domani.

Avremmo preferito che papa Francesco avesse avuto il coraggio di sospendere questa sceneggiata, ma se non l’ha fatto, è segno che si rende conto che la lotta dentro le mura leonine è solo all’inizio e lui, da vecchio gesuita, è determinato, ma è anche cauto e prudente. Il 27 aprile, dopo avere chiesto scusa a papa Giovanni, io celebrerò l’Eucaristia, chiedendo a Dio che ci liberi dai vitelli d’oro e di metallo, anche se portano il nome di un papa. Quel giorno pregherò per tutte le vittime, colpite da Giovanni Paolo II direttamente o per mano del suo esecutore, il card. Joseph Ratzinger, che, da suo successore, perfezionò e completò l’opera come papa Benedetto XVI. 

(27 aprile 2014)


08 marzo 2014

La Grande Bellezza. In attesa di vederlo mi preparo con "L'amico di famiglia". E continuo ad essere prevenuto


Non ho visto "La grande bellezza". Ho saputo che lo hanno dato su Canale 5 martedì scorso. Me lo sono perso e, a questo punto, avrei voluto vederlo. Se non altro per farmi un'idea anch'io su questo film e per poterne parlare con cognizione di causa, in bene o in male. Devo dire però che sono prevenuto. Perché tutto il clamore su questa pellicola non mi piace. Io dico che quando tutti vanno pazzi per Mary, a me Mary non piace. E così gli applausi, i consensi, i complimenti a Sorrentino e a questo film, mi sembrano quantomeno un po' sospetti, o comunque sinceri come la latta di una borraccia di fanteria.
Così, l'altra sera, ho visto volentieri e con interesse "L'amico di famiglia", film scritto e diretto da Sorrentino nel 2006. A parte la storia, che ha i suoi perché (Geremia è un usuraio che finisce per essere raggirato dalle sue stesse vittime ed in particolare da Rosalba, che in cambio di un po' di sesso riesce prima a farsi diminuire il tasso d'usura e poi a rubare il gruzzolo di una vita allo sprovveduto protagonista), il film non mi è sembrato tutto questo capolavoro. Dal punto di vista filmico l'ho trovato poi abbastanza noioso. Con abusi di inquadrature statiche, con simmetrie che quasi sfiorano la patologia, intercalate da veloci movimenti di macchina a zoom stretto che fanno vomitare chi guarda (sarà per l'influenza gastro-intestinale che gira, ma intendo proprio in senso fisico). E i tagli? Ne ho visto alcuni brutti e frettolosi, che non mi ricordo nemmeno al tempo delle sale di terza visione e dei cinemini parrocchiali. Su tutti, quello dove il protagonista viene brutalmente accettato (nel senso del tagliato con l'accetta), proprio mentre sta entrando sullo schermo, in una inquadratura a camera fissa in cui si vede passare da destra a sinistra una barca con a bordo Rosalba, seduta esattamente al centro del legno (non sia mai!), e Geremia all'estremità destra.
Ho letto una recensione del 2007 di Francesco Olivo (qui il link), in cui si afferma l'esatto opposto del mio personalissimo - e tutt'altro che assoluto - parere. Ecco cosa dice il critico del "il Messaggero":


Evidentemente quei passaggi di inquadratura così repentini (è vero: bisogna saperli fare, non c'è dubbio), quei tagli così maldestri, quei virtuosismi, come li definisce il giornalista, vengono fatti passare come una "genialata" del regista quando in realtà sono ascrivibili più ai repertori dei filmini familiari che a quelli da cineteca. Perché ribadisco che fanno vomitare. Sia in senso fisico che, stavolta, anche estetico.
De gustibus, comunque.

Infine. A tratti il film è onirico (anche nel senso di spingere più al sonno che al sogno). Però è semplicemente folle - e addirittura sacrilego - accostare il tipo di visionarietà posseduta da Sorrentino con quella di Fellini. Tanti azzardano questo paragone fino quasi a consacrarlo dogmaticamente come assolutamente certo. E cioè senza l'adesione della fede. Ebbene, in ciò io mi confesso miscredente. E voi direte: chissenefrega! Figuriamoci a me! Perché  "tanto ci sarà sempre, lo sapete, un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli e un prete, a sparare cazzate" (cit. Guccini, l'Avvelenata).

Insomma. Se tanto mi da' tanto, alla luce della visione de "L'amico di famiglia", continuo ad essere prevenuto su "La grande bellezza". Ed in in attesa di vederlo, credo proprio che in Sorrentino siamo riusciti a creare l'ennesimo sopravvalutato dei nostri tempi, stavolta del cinema, come Saviano per la letteratura o Ligabue per la musica.

01 febbraio 2014

C'è sempre un Piano "B" e un'altra opportunità...


"È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttare via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio."

Antoine de Saint-Exupéry 
Il Piccolo Principe

31 gennaio 2014

Ebook: Due inglesi a Capranica. George Dennis e Samuel J. Ainsley: un affresco letterario della Capranica di metà Ottocento



Un console di Sua Maestà britannica in giro per la Tuscia alla ricerca di etruscherie, in compagnia del suo fido amico e pittore, fa tappa a Capranica e annota tutto sul suo diario di viaggio. Gli anni sono quelli tra il 1842 e il 1847, il console è George Dennis - diplomatico-archeologo, conosciuto come l'iniziatore della moderna etruscologia -, il pittore è Samuel James Ainsley, e il diario di viaggio è diventato il libro più importante sull'etruscologia: Cities and Cemeteries of Etruria (Città e necropoli d'Etruria).

Era l'estate del 2004 quando, parlando un giorno con la mia "zia" adottiva, Suor Maria Carmen di Gesù, del Carmelo di Vetralla, e sapendo lei di quanto sono appassionato di storia locale, mi ha regalato un libro di Mary Jane Cryan, una autrice inglese stabilitasi a Vetralla, "Travels to Tuscany and Northern Lazio". Il libro, in lingua inglese, è edito da Davide Ghaleb, editore in Vetralla, e riporta il diario di viaggio attraverso la Toscana e la Tuscia, del Cardinale Henry Stuart Duca di York, da luglio ad ottobre del 1763.
Fu così che, leggendo il diario del Cardinale inglese, mi è venuto in mente di aver letto la parte dedicata a Capranica del libro di George Dennis, Città e Necropoli d'Etruria. L'avevo fotocopiata qualche tempo prima a Viterbo, alla Biblioteca degli Ardenti, e l'avevo data in copia a Katia Sarnacchioli, laureata in letteratura e lingue straniere, per tradurla in italiano.
A Marina Crocicchia, invece, avevo dato la descrizione dei costumi delle donne capranichesi fatta da Dennis, con alcune immagini di donne caprolatte dell'epoca tratte da una pubblicazione di Luciano Passini, per ricostruire su disegno l'immagine dei vestiti che indossavano. Quasi per vedere una donna in particolare, una certa Teresa Panza, che deve essere rimasta particolarmente impressa al Console britannico.

A dicembre del 2004 avevo già edito in tiratura limitatissima il libretto "Due Inglesi a Capranica", ma non ne avevo dato eccessiva diffusione. Lo avevo omaggiato solo agli amici e ad alcuni studiosi di storia locale.

Oggi, dato che le possibilità sono diverse, ne ripropongo una edizione interamente digitale, in ebook formato PDF (in formato epub c'è il grosso problema delle note a pie' di pagina che non vengono gestite e devono essere trattate in altra maniera).

Chi volesse, può acquistarlo al prezzo di € 2,49 sui seguenti store online:

Libreria Rizzoli
Ebook.it
Il Fatto Quotidiano Ebook
Mrebook.it
DEAstore.it
Ultimabooks.it



SuperFrancesco e i valori che ci siamo dimenticati


Questa foto è eccezionale. L'ho rubata su internet e non so nemmeno se è autentica o se è una roba da photoshop. Tuttavia, visti i casini vari in cui siamo immersi come italiani e come cittadini del mondo, rende proprio l'idea di quanto bisogno abbiamo di qualcuno che ci aiuti a tirarci fuori dai guai. SuperFrancesco porta una borsa con su scritto "valori". Sono proprio quelli a mancarci perché ce ne siamo disfatti. Ed è proprio questo assurdo dimenticarcene che ci ha fatto sprofondare in questo caos primordiale in cui tutto sembra non avere più un senso preciso. Riprendiamoci i valori quindi. Se lo faremo ci sarà una salvezza per noi. Una bellissima giornata a tutti! (nonostante la pioggia)