08 marzo 2014

La Grande Bellezza. In attesa di vederlo mi preparo con "L'amico di famiglia". E continuo ad essere prevenuto


Non ho visto "La grande bellezza". Ho saputo che lo hanno dato su Canale 5 martedì scorso. Me lo sono perso e, a questo punto, avrei voluto vederlo. Se non altro per farmi un'idea anch'io su questo film e per poterne parlare con cognizione di causa, in bene o in male. Devo dire però che sono prevenuto. Perché tutto il clamore su questa pellicola non mi piace. Io dico che quando tutti vanno pazzi per Mary, a me Mary non piace. E così gli applausi, i consensi, i complimenti a Sorrentino e a questo film, mi sembrano quantomeno un po' sospetti, o comunque sinceri come la latta di una borraccia di fanteria.
Così, l'altra sera, ho visto volentieri e con interesse "L'amico di famiglia", film scritto e diretto da Sorrentino nel 2006. A parte la storia, che ha i suoi perché (Geremia è un usuraio che finisce per essere raggirato dalle sue stesse vittime ed in particolare da Rosalba, che in cambio di un po' di sesso riesce prima a farsi diminuire il tasso d'usura e poi a rubare il gruzzolo di una vita allo sprovveduto protagonista), il film non mi è sembrato tutto questo capolavoro. Dal punto di vista filmico l'ho trovato poi abbastanza noioso. Con abusi di inquadrature statiche, con simmetrie che quasi sfiorano la patologia, intercalate da veloci movimenti di macchina a zoom stretto che fanno vomitare chi guarda (sarà per l'influenza gastro-intestinale che gira, ma intendo proprio in senso fisico). E i tagli? Ne ho visto alcuni brutti e frettolosi, che non mi ricordo nemmeno al tempo delle sale di terza visione e dei cinemini parrocchiali. Su tutti, quello dove il protagonista viene brutalmente accettato (nel senso del tagliato con l'accetta), proprio mentre sta entrando sullo schermo, in una inquadratura a camera fissa in cui si vede passare da destra a sinistra una barca con a bordo Rosalba, seduta esattamente al centro del legno (non sia mai!), e Geremia all'estremità destra.
Ho letto una recensione del 2007 di Francesco Olivo (qui il link), in cui si afferma l'esatto opposto del mio personalissimo - e tutt'altro che assoluto - parere. Ecco cosa dice il critico del "il Messaggero":


Evidentemente quei passaggi di inquadratura così repentini (è vero: bisogna saperli fare, non c'è dubbio), quei tagli così maldestri, quei virtuosismi, come li definisce il giornalista, vengono fatti passare come una "genialata" del regista quando in realtà sono ascrivibili più ai repertori dei filmini familiari che a quelli da cineteca. Perché ribadisco che fanno vomitare. Sia in senso fisico che, stavolta, anche estetico.
De gustibus, comunque.

Infine. A tratti il film è onirico (anche nel senso di spingere più al sonno che al sogno). Però è semplicemente folle - e addirittura sacrilego - accostare il tipo di visionarietà posseduta da Sorrentino con quella di Fellini. Tanti azzardano questo paragone fino quasi a consacrarlo dogmaticamente come assolutamente certo. E cioè senza l'adesione della fede. Ebbene, in ciò io mi confesso miscredente. E voi direte: chissenefrega! Figuriamoci a me! Perché  "tanto ci sarà sempre, lo sapete, un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli e un prete, a sparare cazzate" (cit. Guccini, l'Avvelenata).

Insomma. Se tanto mi da' tanto, alla luce della visione de "L'amico di famiglia", continuo ad essere prevenuto su "La grande bellezza". Ed in in attesa di vederlo, credo proprio che in Sorrentino siamo riusciti a creare l'ennesimo sopravvalutato dei nostri tempi, stavolta del cinema, come Saviano per la letteratura o Ligabue per la musica.